Qualche giorno fa siamo stati a scoprire un nuovo possibile percorso per CulturAQuila quando potremo riprendere le nostre amate passeggiate.
Sotto impulso di Davide Di Fabio e Candida Fabi, che, oltre ad essere nostri associati contribuiscono con le splendide fotografie che a volte vi mandiamo dall’alta montagna, ci siamo imbattuti in una stradina, la mulattiera alta, che inizia dal cimitero di Assergi e prosegue fino ad arrivare al borgo di San Pietro della Jenca.
È una passeggiata questa pacifica, sono pochi i tratti di salita e, cosa principale, si può comunque godere di un’atmosfera unica. Lungo il tragitto abbiamo incontrato tante mucche e ci siamo fermati a far ristorare i nostri cani alla Fonte della Pietà prima di arrivare su un pianoro dove per un secondo l’infinito si è mostrato.
È il vallone del Vasto.
Nonostante fossimo letteralmente circondati dalle vacche che muggivano, e nonostante con noi avessimo cinque cani che scalpitavano sulla strada di sassolini, lasciati pochi alberi dietro di noi, per un attimo abbiamo potuto godere del silenzio assoluto e di quell’aria che odora di aspro, di terra, di roccia, che solo in montagna è possibile trovare.
Un lungo respiro e alla nostra vista si è mostrata la chiesa di San Clemente, un edificio piccolo e basso a 1066 metri di altitudine, carico di fascino.
San Clemente in Fratta è il nome che alcuni fonti settecentesche attribuiscono alla chiesa, i cui primi documenti risalgono al 1313. Ma la sua fondazione pare sia ascrivibile al periodo paleocristiano, tanto che il suo nome si deve ad uno dei primi papi cristiani, morto forse da martire, onorato non solo dalla chiesa cattolica ma anche da quella ortodossa. Don Demetrio Gianfrancesco, parroco di Assergi dal 1954 al 1976, ha scritto nel suo libro “Assergi e S. Franco – Eremita del Gran Sasso”, che durante la prima metà del 1600 i fedeli compivano qui un pellegrinaggio per ottenere l’indulgenza che Papa Urbano VIII aveva confermato, salendo fino alla chiesa di San Clemente attraverso una strada detta “Cona”, e discendendo fino ad un’altra chiesetta rupestre, quella di Santa Maria della Croce, oggi Santa Maria.
Qui si celebrava anche la Pasqua e, ad avallare la leggenda che la chiesa potesse essere stata un rifugio per i perseguitati cristiani, c’è il nome di una località nelle vicinanze, chiamata “via santiti” che potrebbe derivare dal latino “sancti viri”, uomini santi.
Forse fu proprio sulla base di questa deduzione e di indicazioni contenute in un manoscritto andato perduto, che Don Nicola Tomei, parroco di Assergi dal 1742 al 1764, effettuò alcuni scavi nell’area circostante la chiesa alla ricerca di catacombe che ipotizzava risalissero al periodo paleocristiano.
Ancora oggi, a distanza di millenni, ritroviamo lo stesso misticismo che portò i nostri antenati a scegliere questi luoghi e a consacrarli alla vita, quello stesso silenzio che ci fa riprendere una boccata d’aria fresca in questo periodo così incerto, ci allontana dai rumori che spesso ci assalgono e ci riempie polmoni e cuore.
È la maestosità della nostra immensa Madre Terra. Luisa Di Fabio, CulturAQuila